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Nei primi giorni dell’anno, quando ormai pensavo di essermi lasciato alle spalle il funesto 2020 con tutti i suoi lutti e le sue sventure, mi giunge improvvisamente la notizia della scomparsa di una persona a me molto cara, avvenuta peraltro a novembre e proprio a causa del Covid19. A distanza di un mese dal decesso di un’altra figura illustre del damismo torinese, il grande Edmondo Caprio, è venuto a mancare, alla veneranda età di 92 anni, Giorgio Farina colui che è stato l’anima e il trascinatore della Dama a Torino per almeno trent’anni. Personalmente una grave perdita perché Giorgio è stato il mio maestro dagli esordi fino al raggiungimento dei primi successi, un maestro affettuoso, ma severo che mi ha accompagnato in un percorso di crescita sia a livello di gioco sia a livello caratteriale.

Nato in Calabria nel 1928, si era trasferito a Torino negli anni ’50 come tanti altri per cercare lavoro e fortuna. Avevo cominciato a lavorare come sarto con la grande tenacia e determinazione che lo contraddistinsero in tutte le sue attività. Si sposò con una ragazza piemontese di nome Melania ed ebbe una figlia, Giusy.  Iniziò a giocare a dama con i giocatori di allora, erano i tempi del dopoguerra e i damisti torinesi si ritrovavano nel Circolo della Lancia. Poi smise per un po’ di anni e riprese negli anni ’70 con ancora più vigore e interesse. Negli anni ’80 il Circolo aveva sede in Madonna di Campagna e lui era il Fiduciario Provinciale, ruolo di cui andava fiero, ma che non rifletteva fino in fondo fino a che punto si adoperasse per la diffusione del gioco e per incentivare la partecipazione. Gli iscritti al sodalizio torinese erano una cinquantina e sarebbero arrivati a superare il centinaio negli anni ’90 con l’insegnamento nelle scuole. Ogni giorno chi si recava al Circolo sapeva di poter trovare almeno 7-8 persone disposte a giocare e il clima era davvero familiare, anche se tra battute e prese in giro non era inusuale che si accendessero discussioni o diverbi.

Negli anni ruggenti della dama a Torino si avvicinarono al Circolo tanti appassionati, principianti o semplici curiosi, di tutte le età e di ogni estrazione. Per Giorgio le porte erano sempre aperte e tutti erano accolti come benvenuti. Tra il 1986 e il 1987 capitò anche a me, quando, undicenne, partecipai casualmente ad un torneo promozionale e rimasi assolutamente affascinato dal gioco e da un ambiente fatto di persone appassionate ed estroverse. Giorgio ebbe un ruolo fondamentale nel trasmettermi la passione per il gioco e nell’incoraggiarmi allo studio e all’esercizio costante. A quei tempi giocavo con i miei coetanei, Alessandro Marinelli, i cugini Tabor e altri ragazzi con cui passavamo le giornate tra calci al pallone, biliardo e dama. Se però ci si avvicinava ai tavoli dei giocatori più esperti era veramente dura riuscire a trovare qualcuno che ti insegnasse o ti concedesse almeno di giocare qualche partita. Lui invece era disponibile e anzi spronava tutti a farci giocare, a confrontarsi con noi giovanissimi. Allo stesso tempo però con noi era un “padre severo”, voleva che aspettassimo con pazienza ed educazione il nostro tempo, dovevamo silenziosamente guardare gli “anziani” giocare e valutare se le mosse fatte fossero le stesse che noi immaginavamo. Solo a fine partita ci era dato intervenire per fare domande o mostrare continuazioni che ci erano parse migliori. Era solito dire a mia mamma che gli chiedeva se sarei potuto diventare un forte giocatore che “tutto dipende dalla passione e dalla forza di volontà”. Lui aveva entrambe e le metteva in campo con grande energia sia a livello agonistico sia a livello organizzativo. Aveva saputo crearsi un gruppo di collaboratori pronti ad aiutarlo dalla pulizia delle damiere all’organizzazione di eventi promozionali; ogni gara vedeva il coinvolgimento di almeno una decina di soci e noi giovani non eravamo esclusi. Oltre alle gare sociali, locali e interregionali aveva fatto salti mortali per mettere in piedi una gara nazionale di Dama Internazionale in un periodo in cui questa disciplina era semi-sconosciuta. Ricordo alla prima edizione, nel 1988, la nostra sorpresa e ammirazione nel veder varcare la soglia del Circolo maestri e dirigenti di cui leggevamo solo su Damasport. Emozionante e indelebile l’incontro con giganti come Oreste Persico e Gianfranco Borghetti ai quali lui mi presentava come un giovane talento promettente. Quel torneo divenne una classica del calendario ed una grande occasione per noi per cimentarci ad alto livello con grandi giocatori con il vantaggio di giocare in casa. A quei tempi il giocatore emergente era Walter Raimondi, tutti i riflettori erano puntati su di lui, ma di giocatori forti ce n’erano diversi, da Mario Rigotti ad Alberto Martini per non parlare di Francesco Rosa o Giuseppe Pelligra. A fine anni’80 si avvicinò al Circolo anche Salumu Lokenga, per gli amici Calisto, uno zairese simpaticissimo che Giorgio prese sotto la sua ala ed aiutò ad integrarsi, a volte persino portandolo dalla sede di lavoro al Circolo in macchina. Con Raimondi, Lokenga e la crescita di noi giovani al livello magistrale il Circolo diventò il fiore all’occhiello per la Dama Internazionale, ma oltre alla qualità c’era anche tanta quantità e nelle gare del Nord era ormai usuale che qualcuno riuscisse sempre a fare risultato in tutte le categorie. Ricordo l’orgoglio di Giorgio la domenica sera o il lunedì al Circolo LA FISSA quando commentando i risultati era solito dire “siamo proprio come il grande Real Madrid”, alludendo alla squadra dominatrice in Europa negli anni ’60 quando lui era giovane. Giorgio era anche un buon giocatore, in particolare di Dama Italiana, e seppe guadagnarsi la promozione a Maestro con ottimi risultati tra cui le vittorie nel primo gruppo ai tornei di Ivrea e Torino (il Trofeo Una Mano Amica, gara nazionale e al tempo stesso torneo di beneficenza  organizzato da mio papà per più di 20 anni).

Ecco questo in sintesi è il ritratto di Giorgio Farina: un leader, un trascinatore e un uomo squadra. Compattava il gruppo valorizzando il senso di appartenenza, la coesione e la sportività. D’altro canto, aveva l’abitudine di riprendere e stigmatizzare chi aveva comportamenti non corretti, presuntuosi o individualisti e per questo motivo capitava anche che alcuni giocatori si allontanassero e a me questo dispiaceva, ma con il tempo imparai a capire che con la sua fermezza Giorgio non solo era di esempio, ma era un vero e proprio punto di riferimento per tutti. All’inizio degli 2000 ci fu purtroppo una sorta di scissione e la maggioranza dei soci votò per il cambio di sede; Giorgio fu tra gli irremovibili che rimasero al Circolo LA FISSA e da allora ci perdemmo un po’ di vista anche perché la mia frequentazione dei circoli si esaurì con il mio trasferimento fuori città e l’inizio dell’attività lavorativa.       

Per fortuna, dopo tanti anni, nel maggio del 2019 decisi di fare una visita al Circolo LA FISSA per salutarlo, accompagnato da mia mamma e da mia figlia, sapendo che più di una volta aveva chiesto di me ai miei genitori incontrandoli in zona. Lo rividi e lo trovai sostanzialmente identico a come l’ho sempre ricordato, seppure ultranovantenne, ci abbracciammo sebbene lui sulle prime non riconobbe. Fu Enrico D’Arco che stava giocando contro di lui a dirgli: “Ma come Giorgio, non lo riconosci?! E’ Loris!”. A quel punto mi guardò fisso negli occhi e mi disse che era un enorme piacere rivedermi dopo tanto tempo e trovarmi bene. Ovviamente ricambiai l’affetto e gli presentai Sara dicendogli che aveva imparato a giocare. Come suo solito le parlò stuzzicando la sua curiosità e le fece risolvere dei tiretti facendole i complimenti. Alla fine, mi chiese di promettergli che sarei tornato a trovarlo, ma purtroppo non c’è stata più occasione.

Non voglio dilungarmi oltre, concludo questo articolo in omaggio a Giorgio con una considerazione che mi sento davvero di esternare dal cuore: gli albi d’oro sono pieni di nomi di campioni e i campioni sono ovviamente coloro che con i risultati e la qualità del gioco magnificano una disciplina, generano emozione e compiono imprese; però a scrivere le pagine più importanti della storia di una disciplina o di uno sport non sono sempre campioni e nel caso della Dama in Italia i veri protagonisti sono stati uomini appassionati,  trascinatori e grandi aggregatori come Rizzi, D’Amico o il grande Persico. Allo stesso modo la persona più significativa nella storia del damismo torinese e colui che ha permesso a tanti giocatori di imparare, crescere, vincere diventando uomini prima ancora che campioni è stato Giorgio Farina.

Grazie di tutto Maestro.

        

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